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La stabilità del mercato azionario dipende dalla qualità dei titoli scambiati, e dunque dalla qualità delle imprese che questi rappresentano.
Anche i mercati finanziari sono conseguentemente condizionati da tali circostanze. Il denaro anticipato da chi investe in borsa si presuppone debba essere utilizzato da un operatore di mercato che ha tutto l’interesse e la capacità di competere sul mercato al fine di realizzare utili. Non è dato però sapere se ciò accadrà veramente, ossia se l’impresa finanziata sia veramente in grado di produrre utili e non perdite, e se quindi riuscirà a restituire quanto preso in prestito.
Quando un’impresa viene quotata, si presuppone quindi che il denaro anticipato dagli investitori venga utilizzato per realizzare beni o servizi, ovvero per acquistare quanto necessario per realizzare il processo produttivo. Se tutto va bene, l’attività organizzata produce valore aggiunto, e coloro che hanno acquistato azioni possono ottenere un guadagno, nonché la restituzione del capitale. La scommessa dell’investitore avviene su tale processo economico. L’investitore scommette dunque su questo evento futuro e incerto. Si chiama speculazione, ed è l’essenza del capitalismo finanziario.
Nell’economia a contraente unico accade però che il mercato viene popolato da società che sono produttive soltanto in apparenza, che in verità non sono nemmeno capaci di gestire il rischio d’impresa, poiché banalmente non d’impresa si tratta ma di un ramo di essa. I prezzi delle azioni possono essere pertanto agevolmente gonfiati, non tanto dalle aspettative degli investitori, e quindi da andamenti comportamentali più o meno razionali o irrazionali, quanto da un andamento causale legato a una struttura imprenditoriale e di mercato scardinate e precostituite nelle loro fondamenta.
Se i fondamentali economici delle imprese quotate vengono scardinati, ci si deve aspettare che tali contraddizioni genetiche abbiano un impatto sui mercati, e a lungo andare sulla stabilità finanziaria.
In altri termini, la frammentazione dell’impresa globale in più entità societarie consente il trasferimento di quote rilevanti del rischio d’impresa a società prive di una vera organizzazione imprenditoriale, che si traduce infine nella deresponsabilizzazione degli investitori internazionali grazie al sostegno della finanza “creativa”.
Le società controllate quotate in borsa proprio perché vengono valutate dal mercato sulla base di una serie di elementi economici, patrimoniali e finanziari (valore aggiunto, flussi di cassa, utile netto, parametri relativi alla redditività del capitale o all’indebitamento) trascinano nei mercati finanziari le conseguenze della potenziale manipolazione dei prezzi e degli scambi dell’Economia apparente a contraente unico. Anche in questo caso, tanto maggiore è l’espansione degli scambi commerciali internazionali infragruppo tanto maggiore è l’impatto negativo sulla finanza.
Analizzare il fenomeno dal punto di vista finanziario attraverso dati statistici è un’impresa veramente complessa, non fosse altro perché con gli strumenti di rilevamento attuali la sua quantificazione sarebbe praticamente impossibile. Acquisizioni, fusioni, scissioni, incorporazioni, cessione di quote di partecipazione, nascita e chiusura di newco avvengono all’ordine del giorno e a una velocità impressionante; a ogni operazione corrisponde un trasferimento di rami di attività e/o un frazionamento di responsabilità, ovvero un trasferimento del rischio d’impresa.
Un tale obiettivo potrebbe essere raggiunto soltanto attraverso una combinazione ben studiata tra database istituzionali innovativi e normative a supporto della raccolta dati.
Come già accennato, si ritiene che l’indicatore economico per la rilevazione delle manipolazioni e delle anomalie degli scambi infragruppo possa essere applicato anche ai flussi finanziari e dunque ai relativi mercati, ponendo a base del rilevamento statistico sempre i dati relativi alle funzioni di produzione aggregate delle società collegate, secondo i criteri esposti.
Il risultato potrebbe essere sorprendente in termini di previsione e prevenzione delle crisi finanziarie.
Prima che una crisi di mercato si manifesti esplicitamente ci sono degli stadi intermedi che la precedono, segnali che arrivano dalla ricollocazione geografica e societaria del giro d’affari interno alle imprese di gruppo per far fronte ai primi segnali di crisi, che il management tenta di arginare inizialmente scaricando lavoratori, costi e debiti in società controllate destinate a tal fine.