Il fenomeno del reshoring — ovvero il ritorno o la rilocalizzazione interna di attività produttive e logistiche da aree estere al Paese d’origine — è emerso come una delle principali conseguenze delle tensioni commerciali globali e dei dazi introdotti negli ultimi anni.
Le multinazionali, spinte dall’aumento dei costi delle importazioni e dalla necessità di rendere le proprie catene di approvvigionamento più resilienti, stanno trasferendo parte delle attività all’interno dei confini nazionali, allineandosi alle nuove strategie industriali e di sicurezza economica promosse dai governi.
Negli Stati Uniti, questo processo assume un significato particolare: le imprese non stanno solo reagendo ai dazi, ma si stanno anche ristrutturando attivamente per adattarsi al nuovo quadro di politiche basate sugli incentivi e al paradigma del Made in America.
Amazon pianifica di tagliare ben 30 mila posti di lavoro. Dietro la narrazione ufficiale dei licenziamenti legati all’intelligenza artificiale potrebbe però celarsi una strategia più ampia di reshoring funzionale e occupazionale, che comporta la chiusura di alcuni stabilimenti esteri e l’apertura di nuovi centri logistici e produttivi negli Stati Uniti.
Oltre la tecnologia: i dazi come motore della riorganizzazione
L’analisi della sequenza degli eventi legati al colosso rivela invece una spiegazione strutturale più profonda: l’azienda sta riallineando la propria organizzazione interna al nuovo contesto politico ed economico statunitense, rispondendo agli effetti dei dazi e delle tensioni commerciali globali.
I dazi imposti negli ultimi anni hanno reso meno conveniente mantenere o espandere funzioni operative e logistiche all’estero, soprattutto in aree dove l’accesso al mercato statunitense è divenuto più oneroso. Di conseguenza, Amazon sta riducendo le operazioni internazionali meno redditizie, mentre amplia la propria rete logistica e infrastrutturale sul territorio americano.
Dai licenziamenti al reshoring occupazionale
In realtà, pare che i licenziamenti di Amazon non rappresentino una contrazione netta dell’occupazione, ma una redistribuzione del lavoro: mentre alcuni uffici corporate vengono ridimensionati, l’azienda sta contemporaneamente aprendo nuovi centri logistici in Connecticut, Texas e California, e ha annunciato oltre 100.000 nuove assunzioni negli Stati Uniti, principalmente nei settori della logistica e della consegna.
Questa espansione è sostenuta da un investimento di 4 miliardi di dollari destinato a rafforzare la rete di consegna interna, grazie anche ad agevolazioni fiscali e incentivi pubblici previsti dalle politiche industriali federali.
Amazon non sta quindi semplicemente sostituendo persone con algoritmi, ma sta riorganizzando la forza lavoro come parte di una più ampia strategia di reshoring.
(Fonte: comunicato ufficiale Amazon sulla rete di consegna rurale, aboutamazon.com).
Sarebbe necessaria una comparazione tra la tipologia di posti di lavoro e di stabilimento persi rispetto a quelli annunciati: se si tratta più o meno delle medesime attività e qualifiche allora è una vera e propria operazione di reshoring. Se nelle nuove sedi i lavoratori faranno tutt’altro allora la spiegazione è più vicina a una trasformazione sostanziale dell’attività.
Un patto implicito tra Stato e capitale privato
Questo processo di reshoring si inserisce nel più ampio contesto delle politiche industriali statunitensi, basate su incentivi mirati e condizionamenti funzionali.
Attraverso il CHIPS and Science Act e l’Inflation Reduction Act (IRA), il governo federale ha creato un sistema in cui le imprese che producono o investono sul territorio nazionale ricevono vantaggi fiscali, finanziari e regolatori.
Non è necessario un accordo formale: le multinazionali come Amazon possono muoversi spontaneamente nella direzione incoraggiata dalle politiche pubbliche. In cambio di un sostegno indiretto, reintegrano la creazione di valore entro i confini nazionali, contribuendo alla ricostruzione di una base industriale interna e di una rete logistica “sovrana”.
Questo fenomeno non è solo uno spostamento geografico, ma una ricomposizione funzionale del valore aggiunto.
Effetti sistemici
Il caso Amazon mostra come il reshoring stia ridefinendo il capitalismo americano: non si tratta di un nostalgico ritorno alla manifattura, ma di una riformulazione della sovranità economica attraverso il capitale privato.
La tecnologia gioca un ruolo, ma non come causa dei licenziamenti — bensì come strumento operativo che consente una riorganizzazione efficiente, plasmata da dazi, incentivi e nuove priorità geopolitiche.
Il risultato è un’economia più centrata sul territorio nazionale, in cui il coordinamento pubblico-privato definisce la nuova frontiera della competitività.
In conclusione, è probabile lo scenario per cui Amazon non sta licenziando a causa della tecnologia, almeno non solo, ma sta reagendo alla ristrutturazione dei mercati globali, redistribuendo l’occupazione in linea con la politica industriale statunitense.