Indice
L’analisi giuridica e la comparazione fra essa e i fondamentali dell’economia mostra chiaramente come la “nuova globalizzazione” si basa su una “finzione economica”, che consente al più importante operatore di mercato del mondo di muoversi in una dimensione sovranazionale con una moltitudine di entità legali apparentemente distinte, e che la principale leva di questa “economia apparente” sia proprio l’outsourcing intra-firm, cioè l’apparente affidamento all’esterno di un qualcosa che continua invece a essere gestito all’interno.
L’unica variabile che viene effettivamente esternalizzata è la responsabilità legale su talune scelte o fattori aziendali, che si concretizzano in un processo di accumulazione di ricchezza nell’ambito del quale il profitto – inteso come differenza tra ricavi e costi – rappresenta soltanto una componente.
La società controllata, essendo appunto eterodiretta, non può essere considerata impresa poiché l’organizzazione dell’attività e la sua funzionalizzazione alla creazione di valore è espressione di un potere direttivo-imprenditoriale che sta al di fuori di tali entità legali. Nell’ambito del gruppo, le società controllate assumono pertanto il compito di svolgere alcune funzioni come una qualsiasi divisione o reparto aziendale.
L’indipendenza giuridica esplica pertanto i suoi effetti soltanto nei confronti di terzi – lavoratori, istituzioni pubbliche, fornitori, ecc. – i quali potranno rivalersi, salvo casi particolari, soltanto sulla società controllata con cui hanno instaurato rapporti contrattuali, e non anche sull’intera impresa di gruppo di cui essa fa parte.
La contraddizione terminologica tra il principio di indipendenza e il principio del controllo in capo a una medesima società, trova la sua massima espressione nei mercati dell’outsourcing, da cui emerge chiaramente come quella tra eterodirezione e indipendenza è una coesistenza impossibile, a meno che non si voglia accettare, sotto il profilo politico ma non certamente scientifico, l’esistenza di un mercato distorto nelle sue fondamenta in cui è possibile fare impresa senza impresa.
Il “caso limite” è quello in cui una società controllante stipula un contratto di fornitura con una società controllata al 100% e che svolge esclusivamente le proprie attività in virtù di tale accordo (cosiddette società “mono commessa”). Il contratto dà luogo a una transazione commerciale che quindi non avviene tra due imprese, bensì tra due società appartenenti alla stessa impresa. Non vi è, pertanto, contrapposizione di interessi, il potere direttivo viene esercitato dalla società controllante che in ambito di gruppo assume appunto la funzione imprenditoriale. Di conseguenza, venditore e compratore verrebbero a coincidere, e il prezzo dello scambio altro non è che uno strumento di pressione contrattuale non con la controparte formale, ma con le controparti reali delle società controllate, in primis i lavoratori.